Introduzione
È particolarmente importante definire ruoli e confini funzionali tra i vari membri della famiglia e anche nei confronti dell’esterno. L’intervento clinico con le famiglie che può essere utile a questo scopo, richiede spesso l’adozione di tecniche e approcci molteplici e integrati. In questo articolo, anche attraverso l’uso di una metafora, si offrono alcuni spunti e alcune analisi, prendendo come riferimento, in particolare, la Terapia familiare strutturale di Minuchin, la Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawick e l’Analisi Transazionale di Berne. Dopo aver tratteggiato un possibile modello di famiglie funzionali e disfunzionali, vengono passati in rassegna i vari stadi del ciclo di vita familiare, proponendo alcune situazioni tipiche che potrebbero evidenziare degli aspetti critici da considerare nell’intervento clinico.
L’intervento clinico
L’intervento clinico sulle famiglie, ancor più che l’intervento sul singolo, per poter essere efficace spesso richiede l’adozione di tecniche e di approcci molteplici e integrati. La caratteristica sistemica della famiglia richiede infatti di tener conto delle varie dinamiche che si manifestano al suo interno, in ogni singolo componente e nel suo complesso, ma anche nei confronti delle famiglie di origine. E’ da osservare, al riguardo, che le nuove famiglie rischiano per vari motivi di rimanere delle “appendici” di quelle di origine, senza un proprio equilibrio interno, una propria identità e una propria autonomia, non di rado purtroppo anche economica.
Con questo contributo, si vuole offrire una serie di spunti che fanno riferimento all’approccio della Terapia familiare strutturale di Minuchin, alla Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawick e all’Analisi Transazionale di Berne.
Dopo aver delineato e analizzato secondo questi paradigmi le caratteristiche di una ideale famiglia funzionale, contrapposta a una disfunzionale, vengono percorse le principali fasi del ciclo di vita familiare, traguardandole alla luce di alcuni importanti “indicatori”, quali la struttura dei confini personali e familiari, le interazioni comunicative, le posizioni o “stati dell’Io”, i ruoli assunti, i livelli di consapevolezza.
La famiglia – Un possibile modello
La famiglia come campo da coltivare
Per inquadrare con sufficiente chiarezza, ma anche con una certa leggerezza l’argomento, può essere utile immaginare la famiglia come un campo, in parte già coltivato, in parte da coltivare. Il campo è costituito da quanto la coppia (o, in alcuni casi, il singolo) porta in dote e mette in comune per creare lo spazio familiare. Ciascun componente della famiglia mette a disposizione una quantità di tempo e di energie per coltivare il campo, decidendo – sempre metaforicamente – di piantare ortaggi o alberi da frutto, piuttosto che prato, fiori e piante decorative. Questo campo potrà avere dei confini appena marcati verso l’esterno o, viceversa, potrà essere più o meno solidamente protetto da barriere, che possono andare da semplici e basse siepi, a solidi e invalicabili muri di cinta. Anche all’interno di questo campo potranno esserci delimitazioni e confini più o meno definiti e solidi, oppure i confini potrebbero mancare del tutto.
La famiglia funzionale
Anche con riferimento a questa metafora, potremmo definire funzionale quella famiglia in cui la coppia che l’ha costituita, ha posto verso il mondo esterno dei confini ben definiti, circoscrivendo lo spazio familiare con delle barriere idonee a proteggere con efficacia e flessibilità l’integrità della famiglia nel contesto in cui si trova. Un esempio di barriera funzionale potrebbe essere quella di una solida staccionata, di altezza tale da non poter essere facilmente scavalcata, ma che consenta di osservare cosa c’è fuori. Si può scegliere di lasciare entrare, aprendo un cancello, solo quello che non esponga a eccessivi rischi la famiglia nel suo insieme e i suoi componenti.
Il campo familiare è poi suddiviso al suo interno in vari spazi, occupati dai singoli componenti della famiglia e curati secondo i propri bisogni, le proprie attitudini, i propri interessi, il proprio gusto, il proprio ruolo. Questi spazi sono delimitati da confini ben riconoscibili, anche se non invalicabili, come potrebbero essere delle siepi o delle aiuole fiorite.
I ruoli ricoperti da ogni componente sono chiari, definiti e condivisi, anche se flessibili e creativi, secondo le necessità. Nessun componente, tuttavia, si identifica rigidamente con essi, considerandoli necessari solo per una funzionale suddivisione dei compiti e delle responsabilità all’interno della famiglia.
In una famiglia funzionale, inoltre, le interazioni comunicative nella coppia sono flessibilmente complementari (cfr. Watzlawick, Beavin & Jackson, 1971), consentendo ai partner di alternarsi armonicamente in posizioni one-up e one-down. In tal modo ciascun partner è maggiormente disposto ad ascoltare con attenzione e ad accogliere con apertura e disponibilità le esigenze dell’altro, nella consapevolezza che poi l’altro farà altrettanto.
Infine, con riferimento alle dinamiche proprie dell’Analisi Transazionale di Berne (1961), i partner si pongono tra loro tendenzialmente in una posizione (o “stato dell’Io”) Adulto-Adulto, concedendosi di tanto in tanto, amorevolmente e consapevolmente, come in un gioco, di rivestire posizioni Madre-Figlio o Padre-Figlia. In questa maniera i partner si concedono reciprocamente il giusto spazio, rispetto, dignità e considerazione, riconoscendosi però anche il diritto di poter esprimere liberamente con l’altro, di tanto in tanto, il proprio lato “Bambino”.
La famiglia disfunzionale
Possiamo definire disfunzionale quella famiglia che non risponde a uno o più degli aspetti che abbiamo individuato per la famiglia funzionale.
In particolare, i confini verso l’esterno potrebbero essere del tutto inesistenti, lasciando la famiglia esposta senza controllo ad ogni influenza o interferenza esterna distorsiva e potenzialmente dannosa, in particolare per i ragazzi, tra cui possiamo senz’altro citare il mondo Internet e in particolare quello dei social. Da non trascurare l’influenza dei media, sia per quanto riguarda gli aspetti consumistici e di immagine, sia per quelli relativi alla qualità e all’obiettività dell’informazione. Al contrario, la famiglia potrebbe essere eccessivamente e rigidamente protetta, isolata e chiusa verso ciò che accade fuori.
Per quanto riguarda l’interno del campo, si può osservare o una pressoché totale assenza di confini, configurando quella che Minuchin (1976) definisce una famiglia invischiata, o una eccessiva impenetrabilità e rigidità degli stessi, in cui ci troviamo di fronte a una famiglia che possiamo definire disimpegnata (ibidem). Nel primo caso tutti i membri della famiglia vengono coinvolti anche emotivamente in qualunque questione personale e familiare, con pressoché nessuno spazio o momento personale disponibile, mentre nel secondo caso ciascuno si disinteressa dei problemi e delle necessità degli altri, con degli spazi personali rigidamente marcati e difesi. In una famiglia invischiata spesso si assiste anche a una confusione o a una eccessiva fluidità dei ruoli, mentre in una famiglia disimpegnata ci si identifica eccessivamente e difensivamente in ruoli, che sono spesso rigidi e limitanti.
In una famiglia disfunzionale, inoltre, le interazioni comunicative nella coppia sono spesso rigidamente complementari, con una cristallizzazione in posizioni one-up e one-down. Oppure sono basate su interazioni simmetriche, che portano inevitabilmente a escalation conflittuali, tese ad affermare le proprie posizioni e il proprio potere personale.
Anche gli “stati dell’Io” nella coppia disfunzionale sono spesso rigidamente ancorati a posizioni Padre-Figlia o Madre-Figlio. E’ da osservare che queste modalità disfunzionali spesso derivano dallo stile relazionale delle famiglie di origine, il quale viene più o meno inconsapevolmente adottato e riprodotto nella nuova famiglia, dando luogo a quella trasmissione intergenerazionale di modelli e narrazioni, difficili da modificare o eradicare senza l’acquisizione di un sufficiente livello di consapevolezza.
Il ciclo vitale della famiglia
La famiglia nascente
Un requisito essenziale per costituire una famiglia funzionale è quello di essere in presenza di una relazione di coppia funzionale, in cui convivano attrazione, stima e rispetto reciproci, affettività, sessualità, complicità, progettualità, desiderio e piacere di stare insieme. In questa fase, tipicamente quella dell’innamoramento, spazi e tempi vengono quanto più possibile condivisi, fino a fondersi. La coppia funzionale, dopo un periodo di conoscenza reciproca, può decidere di costituire una nuova entità di tipo sociale, la famiglia, appunto, che risponde a diverse importanti esigenze umane, tra cui la genitorialità, che a sua volta comprende l’accudimento, l’educazione, l’accompagnamento, la protezione dei figli, la trasmissione di ideali e di modelli, ecc.. Anche in una famiglia nascente funzionale è spesso presente la tendenza e il desiderio di condividere quanto più possibile il tempo, le cose, gli spazi, riducendo al minimo delimitazioni e barriere. I problemi personali e familiari vengono condivisi e affrontati congiuntamente, mentre ciascun partner cerca di assecondare e di sostenere i desideri e le esigenze dell’altro, inclusi alcuni circoscritti spazi e momenti personali. Nel caso dovessero arrivare dei figli, questi verrebbero accolti, cresciuti ed educati con l’obiettivo di renderli soprattutto autonomi, competenti e fiduciosi nella vita, in modo da consentire loro di inserirsi agevolmente ed efficacemente nel tessuto sociale.
Anche la coppia disfunzionale può decidere di costituire una famiglia e avere dei figli, ma con obiettivi spesso più vicini alle convenzioni o alle convenienze sociali, o per un tentativo spesso inconsapevole di soddisfare dei propri bisogni egoici o di compensare delle proprie carenze personali. Ci troveremo così quasi inevitabilmente di fronte a una famiglia disfunzionale, in cui non è raro che la coppia sin dall’inizio si strutturi e si cristallizzi in ruoli rigidi e spesso stereotipati, quali il padre-padrone e la figlia sottomessa o il padre protettivo e la figlia bisognosa o la madre invasiva e opprimente e il figlio sottomesso o la madre premurosa e il figlio profittatore o ribelle, ecc..
Un’altra distonia molto frequente nelle famiglie disfunzionali è la pretesa, da parte di un membro della coppia, di voler cambiare l’altro in modo che sia più vicino alle proprie attese e ai propri bisogni. Questo può configurarsi a tutti gli effetti come una violazione dello spazio personale del partner, nell’intento di riconfigurarlo e rimodellarlo a proprio piacimento.
Se le relazioni con la famiglia di provenienza sono conservate, la nuova famiglia viene spesso a costituire un prolungamento delle rispettive famiglie di origine, dando luogo a una sorta di famiglia estesa. Può accadere non di rado che le differenze nelle abitudini, nell’estrazione sociale, nei livelli culturali, negli stili relazionali, negli interessi, nei valori, ecc., potrebbero non essere considerati occasione di arricchimento reciproco, ma risultare incompatibili e quindi da rifiutare e combattere. Queste incompatibilità possono spesso rappresentare una potenziale causa di conflittualità permanente all’interno della nuova famiglia, che può essere gestita abbastanza agevolmente se la famiglia è sufficientemente funzionale, ma che può diventare dirompente e destabilizzante per le famiglie disfunzionali.
La nascita dei figli
Con l’arrivo del primo figlio, sia esso biologico, in affidamento o in adozione, la famiglia subisce una significativa prova di tenuta e di autoregolazione.
La coppia che l’ha costituita si trova infatti a dover interpretare un ruolo, quello genitoriale, che può o meno aver atteso e desiderato e per il quale ciascun componente può sentirsi portato ad adottare o a rifiutare il modello dei propri genitori o quello dettato da stereotipi sociali e culturali con i quali è venuto a contatto. Questa nuova situazione potrebbe attivare nella coppia dei conflitti personali ed emozionali anche intensi, che potrebbero facilmente destabilizzare gli equilibri già conquistati e consolidati. Sicuramente qui gioca un ruolo fondamentale la capacità di dialogare della coppia e, in generale, il suo grado di funzionalità.
Con l’arrivo dei figli è poi inevitabile che risultino penalizzate alcune esigenze personali e di coppia, prime tra tutte quelle legate all’affettività e alla sessualità, che quasi inevitabilmente passano in secondo piano davanti alle preoccupazioni e alle esigenze di accudimento del nuovo o dei nuovi arrivati. I nuovi ruoli e spazi genitoriali che si creano, assumono nella famiglia un peso e un’importanza preponderante, richiedendo spesso degli aggiustamenti “per prova ed errore”. Come è facile prevedere, anche in questo caso la famiglia funzionale ha maggiori probabilità di trovare un rinnovato equilibrio, grazie alle basi più solide sulla quale si è formata, e cioè: una capacità di dialogo più aperto ed efficace, un riconoscimento e un rispetto reciproco dei ruoli, la presenza e il rispetto di spazi per le esigenze personali, una maggiore disponibilità e flessibilità al cambiamento, una visione meno egoica e più orientata sul “noi”.
In una coppia invischiata o con diffusione di ruoli, con l’arrivo di un neonato o di un bambino molto piccolo, è prevedibile assistere a una ”invasione di campo” nei confronti della figura materna, che è quella più direttamente coinvolta nella cura e nell’accudimento iniziale dei figli. L’altro partner potrebbe infatti sentirsi spinto a intervenire, sia per l’insicurezza vera o percepita nel partner materno, sia per la non condivisione delle sue modalità di accudimento. A seconda del suo sistema percettivo-reattivo, la madre potrebbe provare una maggiore insicurezza e un senso di svalutazione o, viceversa, una rassicurazione e una riduzione dell’ansia nel non dover svolgere il nuovo compito da sola.
In una coppia disimpegnata, la figura materna è spesso lasciata sola a gestire tutte le scelte e le incombenze derivanti dal nuovo ruolo. Anche qui, a seconda del suo sistema percettivo-reattivo, la madre potrebbe sentirsi trascurata e abbandonata a se stessa oppure perfettamente autonoma, competente, libera di agire e di realizzarsi.
La nascita o l’arrivo di un figlio può essere un’esperienza traumatizzante e spiazzante anche per il partner paterno, il quale può essere tormentato dal dubbio di essere all’altezza della situazione o anche temere di essere trascurato dalla partner e vedere cambiare radicalmente il preesistente equilibrio relazionale e affettivo.
La crescita dei figli
Con la crescita dei figli, assorbendo questi una gran parte del tempo, delle risorse, delle preoccupazioni e degli impegni familiari, gli spazi e i momenti personali dei singoli partner e della coppia possono subire una ulteriore contrazione. Da qui possono originarsi delle prime incrinature nella coppia, che potranno poi sfociare in momenti di crisi o in una vera e propria frattura.
Con la crescita e il procedere del processo di differenziazione e di individuazione, i figli iniziano poi ad avere l’esigenza di spazi personali, che però tendono a gestire in maniera spesso disordinata e disfunzionale (la cameretta perennemente in disordine, l’uso smodato della Playstation, di Internet, dei Social, ecc.), costringendo i genitori a interventi di contenimento e di regolazione. Con l’adolescenza, in particolare, questi spazi sono pretesi e reclamati con forza e strenuamente difesi, ma anche spesso sistematicamente violati dai genitori, che temono, comprensibilmente, di perdere il controllo sui figli. Anche questo può essere un momento particolarmente critico per quanto riguarda la relazione genitori-figli. Un elemento utile da prendere in considerazione, riprendendo la nostra metafora, potrebbe essere osservare il tipo di barriera posta dagli adolescenti a protezione del proprio spazio, che potrebbe essere una delicata e fragile bordura di fiori, piuttosto che una siepe più o meno alta e folta o un impenetrabile e minaccioso groviglio di rovi. La barriera potrebbe anche essere costituita da una solida struttura in muratura, fino a un vero e proprio bunker, come nel fenomeno oramai non più isolato dell’hikikomori2.
In una famiglia funzionale, davanti al presentarsi di problemi riguardanti la relazione con i figli, i genitori valutano insieme e concordano le possibili strategie e i possibili interventi. In una famiglia disfunzionale i singoli genitori tenderanno a voler imporre all’altro il proprio punto di vista o, al contrario, a disimpegnarsi completamente. Nei confronti dei figli non riusciranno a trovare una linea comune di comportamento, smentendosi e svalutandosi reciprocamente e lasciando alla fine i ragazzi in balìa di se stessi, disorientati, privi di contenimento e di indirizzo.
I rapporti con le famiglie di origine
Non è infrequente che per impegni lavorativi, per motivi pratici ed economici o per la mancanza di strutture pubbliche di sostegno idonee, la coppia chieda più o meno occasionalmente aiuto ai propri genitori per l’accudimento dei figli. E poiché in genere chi richiede un aiuto non è nella posizione di poter dettare le condizioni e di tracciare i confini e le modalità dell’intervento richiesto, l’intervento dei nonni potrebbe portare a nuove tensioni e alla necessità di trovare un nuovo equilibrio familiare. Giocheranno al riguardo un ruolo determinante le modalità con le quali le famiglie coinvolte considerano i confini familiari. In particolare, i nonni appartenenti a famiglie con stile relazionale invischiato tenderanno a invadere i confini della nuova famiglia con una presenza eccessiva e pretenderanno di applicare ai nipoti le proprie modalità educative. I nonni disimpegnati tenderanno invece a disinteressarsi della vita della nuova famiglia, variando al minimo le proprie abitudini e lasciando quanto più possibile ai nuovi genitori l’onere di sbrigarsela con i figli. Nel primo caso (nonni invischiati), la nuova coppia, a seconda del proprio sistema percettivo-reattivo, delle proprie aspettative, e anche della propria situazione esistenziale, potrebbe sentirsi invasa nei propri spazi e soffocata, oppure sostenuta e rassicurata. Nel secondo caso (nonni disimpegnati), potrebbe sentirsi ignorata e trascurata, oppure rispettata ed apprezzata per la propria autonomia. E’ facile prevedere come in queste situazioni potrebbero innescarsi dei conflitti intra e inter familiari, che non di rado si protraggono e si cristallizzano negli anni. Anche qui non è difficile immaginare come le famiglie più funzionali abbiano senz’altro maggiori possibilità di gestire con equilibrio e fermezza il rispetto dei confini e degli spazi familiari.
Il ritorno della coppia
Dopo che i figli sono cresciuti e usciti di casa, liberando spazi e tempi, la coppia ha l’occasione di riacquistare la propria centralità. Per una coppia funzionale, questo potrebbe essere un momento particolarmente creativo e di rilancio, mentre per una disfunzionale potrebbe crearsi quella che viene definita la “sindrome del nido vuoto”, in cui la coppia, oramai esclusivamente genitoriale, scopre di non avere più nulla da dirsi. La coppia si ritrova così senza motivazione, in un grigio tunnel di distacco e indifferenza o di feroci attacchi reciproci, che non di rado lasciano vedere nella separazione l’unica possibilità di rilancio e di realizzazione personale. Spesso, fortunatamente, questa fase è di breve durata, in quanto, come abbiamo visto, i figli che nel frattempo hanno messo su famiglia chiameranno i nonni a svolgere il loro ruolo, riempiendo di nuovo, almeno in parte, quel nido rimasto vuoto.
Conclusioni
Abbiamo visto come nelle relazioni di coppia e familiari sia fondamentale avere consapevolezza e rispetto degli spazi personali e familiari e di come sia importante delimitare questi spazi con confini ben delimitati, ma non eccessivamente rigidi. Questa è una condizione essenziale per proteggere l’integrità del sistema familiare e l’autonomia funzionale delle sue parti (Minuchin, 1976).
Particolarmente indicativi della qualità della relazione, inoltre, sono senz’altro gli stili e le interazioni comunicative nella coppia che, per non creare escalation simmetriche, devono poter oscillare armonicamente nell’ambito della complementarità (Watzlawick, Beavin & Jackson, 1971).
Abbiamo anche visto come per la coppia sia importante assumere dei ruoli chiari, ma flessibili, in cui non ci sia una eccessiva e rigida identificazione.
In ambito transazionale, particolarmente frequenti, quanto distruttivi per la coppia, sono l’assunzione rigida, costante e inconsapevole di posizioni Genitore-Bambino, piuttosto che quella funzionale e matura Adulto-Adulto.
In conclusione, si auspica che aver cercato di porre l’attenzione su questi indicatori, unitamente alle sintetiche notazioni sui possibili interventi clinici, possa essere di aiuto e di stimolo per il terapeuta strategico nell’intervento clinico sul sistema familiare e sui suoi sottosistemi.
Bibliografia
Berne, E. (1961). Analisi transazionale e psicoterapia. Roma: Astrolabio-Ubaldini. |
Fish, R., Weakland, J. H., Segal, L. (1983). Change: le tattiche del cambiamento. Roma: Astrolabio. |
Haley, J. (1976). Terapie non comuni. Roma: Astrolabio-Ubaldini. |
Hoffman, L. (1984). Principi di terapia della famiglia. Roma: Astrolabio. |
Madanes, C. (1987). Per una terapia familiare strategica. Roma: La Nuova Italia Scientifica. |
Minuchin, S. (1976). Famiglie e terapia della famiglia. Roma: Astrolabio. |
Nardone, G., Watzlawick, P. (2010). L’arte del cambiamento. Milano: Tea pratica. |
Watzlawick, P., Beavin, J. H., Jackson, D. D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Roma: Astrolabio. |
Note
[1] Haley (1976) ha individuato sei stadi successivi del ciclo vitale della famiglia: il periodo iniziale del corteggiamento; il periodo iniziale del matrimonio; la nascita e il rapporto con il figlio; il periodo intermedio del matrimonio; il distacco dei genitori dai figli; il pensionamento e la vecchiaia. Per facilitare e rendere più fluida l’esposizione del tema trattato, si è adottata una suddivisione in stadi simile, ma non identica.
[2] “Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori. (https://www.hikikomoriitalia.it/p/chi-sono-gli-hikikomori.html)
L’articolo completo è stato pubblicato sul Numero 17 del 2021 di “QUALEpsicologia” – Rivista ufficiale dell’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie